DE&I e parità di genere in azienda: intervista a Snam
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Per diffondere nelle aziende italiane informazioni utili e best practice sugli interventi DE&I, intervistiamo ogni mese responsabili di grandi aziende che operano nel nostro Paese nell’area Diversity Equity e Inclusion. Oggi abbiamo il piacere di parlare con Marta Luca, Head of Human Capital Development, Snam Institute, Diversity & Inclusion di Snam
Sei sponsor e portavoce di Diversity, Equity e Inclusion in Italia. Cosa ti motiva e continua a motivarti?
È bello poter essere definita portavoce e sponsor e certamente sento un grande senso di responsabilità nel guidare questo percorso di inclusione in Snam.
Come azienda ci siamo posti un obiettivo: non solo rendere la nostra organizzazione più inclusiva, ma intervenire nella quotidianità così che tutte le persone, ogni giorno, settimana, mese, anno, possano vivere un’esperienza a 360 gradi sempre più ingaggiante, valorizzante e inclusiva.
Per me, negli anni, l’elemento più importante è sempre stato mettere al centro le persone, sostenendole e accompagnandole all’interno di un percorso che possa creare delle strutture organizzative che siano snelle, lean e che favoriscano l’armonia e la valorizzazione di tutte le diversità.
È importante creare dei contesti che possano in qualche modo sviluppare e favorire l’innovazione, lo scambio continuo, il dialogo, la reciprocità e dove tutte le storie di vita possano essere accolte.
Questo per me è estremamente motivante: sentire colleghi e colleghe che si sentono liberi di raccontare una storia personale o una particolare esperienza, sentendosi accolti e non giudicati.
Temi DE&I e contesti (esterno e interno). Cosa ne pensi?
In MIDA, nell’ultimo anno, abbiamo attivato il progetto di ricerca Valorizzare le differenze, in collaborazione con l’Università Cattolica, che ha coinvolto circa 50 aziende che operano in Italia. Abbiamo utilizzato due strumenti: un’intervista semi-strutturata rivolta alle persone che in azienda si occupano di DE&I e un questionario rivolto ai dipendenti.
Nelle interviste, ci siamo anche focalizzati sulle azioni che le aziende stanno implementando lato DE&I. Sono emersi prevalentemente tre cluster: azioni rivolte al livello individuale, azioni al livello relazionale e azioni a livello organizzativo. Nel commentare questi dati con l’Inclusion Adsivory Board (BNL, Capgemini, Engie, Eni, Groupama, Mondelez International, Pirelli…) è emerso che le aziende investono tantissimo verso l’interno, ma molto meno verso il contesto esterno. Tu cosa ne pensi?
Investire nel contesto esterno, per me, è stato ed è tutt’oggi uno degli elementi che più mi ispira, insieme al fatto di poter influenzare anche l’ecosistema-Paese.
Anche quando siamo in azienda, noi tutti agiamo comunque da cittadini. Lavoriamo per potenziare un sistema in cui non c’è più differenza tra il dentro e il fuori: dove si può incidere sulla qualità della vita delle famiglie, il network, le comunità di appartenenza. Si riesce anche a incidere sulle giovani generazioni: come i figli dei nostri dipendenti o nelle scuole.
Collaboriamo tantissimo anche con la nostra fondazione, la Fondazione Snam, attivando tantissime attività sul territorio. Proprio per il mestiere di Snam e la sua capillarità, fanno parte del nostro purpose e della nostra mission sia i rapporti con il territorio, che il nostro essere presenti per sostenerlo. È un po’ la nostra ragion d’essere e un nostro elemento distintivo.
Vogliamo essere sempre connessi e leggere tutto ciò che accade esternamente, per poi portarlo al nostro interno. Questo, inoltre, porta l’organizzazione a restituire valore all’esterno, creando un circolo virtuoso.
Parliamo di genere.
Un altro dato emerso dalle interviste riguarda il target su cui le aziende stanno investendo di più: il genere.
La maggior parte delle attività relative al genere sono rivolte quasi esclusivamente alle donne, anche quando parliamo di programmi di sostegno alla genitorialità.
Sappiamo però che la crescita e lo sviluppo delle donne all’interno delle aziende sono dovuti anche al ruolo che gli uomini hanno nel nostro contesto culturale. Qual è il tuo punto di vista su questo?
In Snam abbiamo sempre voluto lavorare per le persone, indipendentemente dal genere, e siamo orientati a raggiungere equità e fairness senza creare delle scissioni.
Vogliamo lavorare per la gender partnership e la gender alliance. Quindi io non credo nel creare delle contrapposizioni forti dove da un lato ci sono le donne e dall’altro gli uomini.
Negli ultimi anni, grazie soprattutto al focus sulle donne, sono stati fatti passi avanti nel portare il tema dell’equilibrio di genere all’attenzione pubblica dei principali stakeholder istituzionali e non solo. Da questo punto di vista credo che le nuove generazioni giochino un ruolo molto importante in questa direzione: per loro il genere non è un tema, una persona è una persona.
A prescindere dal genere in cui ciascuno di noi si riconosce, credo occorra seguire la strada della responsabilizzazione e cioè rendersi conto che il lavoro che c’è da fare deve coinvolgere tutti, non escludendo nessuno. È un percorso che va a beneficio di tutti, ha un impatto sulla nostra economia, sul benessere organizzativo, sulla produttività, sulla cultura.
La crescita inclusiva è una delle sfide più grandi della nostra generazione insieme a quella del cambiamento climatico: bisogna creare un contesto inclusivo dentro e fuori le aziende per superare tutte le disuguaglianze. E all’interno di questo percorso sicuramente c’è anche quello di garantire la parità di genere.
E garantire la parità di genere è un mandato, oggi, che riguarda tutti: aziende, comunità e istituzioni…
La parità di genere è un requisito imprescindibile: le donne sono una risorsa, siamo uno dei paesi con la percentuale di occupazione femminile più bassa.
Eppure tantissimi studi ci dicono che l’aumento della percentuale di donne occupate potrebbe generare un impatto enorme sulla nostra economia. Le ultime iniziative attivate dalla Ministra Bonetti (Ministra per le pari opportunità e la famiglia, ndr) vanno in questa direzione: un sistema di welfare aziendale e di Paese può aiutare le donne, gli uomini e le loro famiglie.
Bisogna guardare all’ecosistema famiglia e dare la possibilità alle donne di dedicare le giuste energie al lavoro, alla famiglia e a loro stesse senza dover scegliere.
Abbiamo sicuramente fatto tantissimo in questi ultimi 50 anni, ma rimane ancora molto da fare e questo è un momento storico anche molto interessante per un’economia in grado di garantire un rilancio equo e inclusivo. C’è un grande sostegno da parte delle istituzioni e delle politiche di PNRR (piano nazionale della ripresa e della resilienza, ndr) che coinvolgono le istituzioni centrali e locali e che potranno incidere nel breve, medio e lungo periodo.
Le caratteristiche che hai raccontato (impatto sulla comunità e sullo sviluppo economico), benché molto importanti, emergono ancora poco nel contesto italiano come spinte DE&I, sei d’accordo?
L’inclusione, per essere perseguita con maggior forza, deve essere legata anche a un fattore di business, rendendone esplicito l’impatto in termini di economics.
In quest’equazione un elemento fondamentale sono i fattori ESG (Environmental, Social, and Governance, ndr). Snam è un’azienda in cui questi fattori sono completamente integrati nei processi e richiedono una responsabilità di tutti gli stakeholder.
Credo che per questo sia necessaria un’analisi di target e di KPIs: è fondamentale per conoscere il punto di partenza, definire obiettivi a tendere e costruire piani dettagliati.
Dati interessanti sulla DE&I emersi dal progetto di ricerca e tuo pensiero a proposito
Dal questionario del progetto di ricerca emergono due dati interessanti:
- Le persone sentono di appartenere ad aziende caratterizzate da una cultura dell’omogeneità o color blind
- La percezione di abitare in ecosistemi molto omogenei non varia tra i generi: la percezione è più o meno uguale per gli uomini e le donne. Questo è un dato che stupisce, perché nell’immaginario comune ci si aspetta che le donne si sentano più escluse.
Le donne sono la metà della popolazione e non una minoranza. C’è la necessità di attivare un percorso educativo, per aiutare le persone a leggere la realtà attraverso filtri più scientifici e obiettivi, affinché si sviluppi un certo tipo di consapevolezza e sensibilità che poi si trasforma in azione. Bisogna promuovere alleanza e non polarizzazione.
Snam è stata la prima azienda in Italia a rendere stabili le disposizioni della legge Golfo-Mosca nella composizione dei propri organi sociali, garantendo l’equilibrio di genere. I benefici di una scelta di questo tipo sono supportati da molte ricerche: i board a maggior diversità in termini di genere, ma non solo, sono board dove c’è più creatività, scambio, si fa challenge sulle decisioni, c’è maggiore ricchezza.
Come Snam ci siamo impegnati a raggiungere nel nostro piano industriale il 27% di donne in ruoli dirigenziali e di middle management. Vorremmo anche garantire la stessa percentuale di donne all’interno dei nostri piani di successione di prima e seconda linea e di key position all’interno del gruppo. Perché è importante non solo la presenza delle donne, ma anche garantire piani di equità nella promozione delle carriere al femminile.
Sostanzialmente, per noi, talento e merito non hanno genere. Vogliamo garantire meritocrazia in tutti i processi. Questo è l’approccio che abbiamo voluto implementare all’interno di tutto il percorso D&I: lavorare sui processi, sui momenti di touchpoint all’interno del proprio employee lifecycle e renderli bias free e non discriminatori.
Puoi condividere un esempio di processi che avete sviluppato?
Tutte le nostre policy, sempre per garantire anche un impatto sull’ecosistema, sono pubbliche sul nostro sito web. Ci teniamo moltissimo perché permette a tutti quanti di essere sempre ispirati e noi possiamo agire come role model.
Abbiamo lanciato una policy legata al recruiting per regolarne il processo e renderlo sempre più bias free. Sappiamo che spesso ci sono dei pregiudizi inconsci – i cosiddetti pregiudizi nascosti – che ci “tendono delle trappole” e ci possono effettivamente allontanare dalla scelta del miglior candidato o candidata. Come sempre, abbiamo accompagnato il rilascio della policy con piani di comunicazione dedicati e attività formative.
Questo perché non vogliamo instaurare una cultura organizzativa della compliance, ma motivare attraverso l’esempio positivo.
Successivamente, abbiamo anche rilasciato la policy di gender parity, che regola tutto il ciclo di vita del percorso aziendale, dal recruiting all’exiting. Tutte azioni che hanno portato Snam a essere riconosciuti anche dal Gender-Equality Index (GEI) di Bloomberg per tre anni consecutivi.
Molte aziende si stanno avvicinando in questi anni a queste tematiche, cosa consigli assolutamente di fare?
ESSERE CORAGGIOSI
Il primo consiglio è di essere coraggiosi. Bisogna buttare il cuore oltre l’ostacolo senza aver paura di promuovere il cambiamento e senza temere le resistenze che si potrebbero incontrare lungo il percorso. Si potrebbe ad esempio incorrere in meccanismi di svalutazione o negazione (come emerso anche dai dati di ricerca sulla cultura organizzativa). Prima si attiva un percorso educativo di alfabetizzazione, prima si riesce a sciogliere queste resistenze passando dal pensiero all’azione, dalla consapevolezza al fare.
MONITORARE I DATI
Il secondo consiglio: monitorare costantemente tutti i dati e le iniziative avviate. Per il nostro percorso è stato fondamentale avere un approccio data driven, avere delle dashboard, dei KPI, monitorare tantissimo le iniziative e le necessità.
COINVOLGERE IL TOP MANAGEMENT
Non da ultimo, naturalmente, sono essenziali la presenza e sponsorizzazione del top management. È un lavoro che deve essere promosso sia top down che bottom up. Top down attraverso tutte le iniziative che ho citato e bottom up attraverso la costituzione di un inclusion team. Queste persone sono dei centri di ascolto all’interno dell’organizzazione, perché rappresentano tutte le diversità e danno concretezza alla strategia.
La spinta HR è fondamentale, ma credo moltissimo nel percorso di responsabilizzazione verso tutta l’organizzazione.
Cosa consigli invece di NON fare assolutamente?
Creare polarizzazioni, isolare le diversità rischiando di generare l’effetto opposto.
Bisogna lavorare molto sull’alleanza e sull’ascolto attento e non giudicante. Ad esempio, noi abbiamo lavorato tantissimo sul linguaggio. Abbiamo lanciato un manifesto per il linguaggio inclusivo: è un documento molto semplice e per questo ha un impatto immediato. Crediamo nel lavoro sul linguaggio perché è il canale che ci consente di entrare in contatto con l’altro. Le parole possono creare dei muri, oppure creare dei ponti. E noi vogliamo creare connessioni.
Grazie a Marta Luca, Head of Human Capital Development, Snam Institute, Diversity & Inclusion di Snam
Professionista delle Risorse Umane con oltre 20 anni di esperienza, ha lavorato in aziende internazionali negli US e Italia in business differenti come Luxottica, Barilla, FCA e Wells Fargo ricoprendo molteplici ruoli in funzioni Corporate. Ha conseguito un Bachelor’s degree in Organizational Communication (USA), un Master in HR Management (USA) ed è un counselor certificato. Ha una solida esperienza nel guidare processi di trasformazione che partono dalla strategia di business e attraverso il coinvolgimento delle persone innovano processi e cultura organizzativa. Impegnata da sempre come role model per le giovani donne con l’obiettivo di sensibilizzare le organizzazioni verso dei contesti lavorativi sempre più inclusivi.