Insights 01 Ottobre 2024

Social Media, Editoria e Inclusion: La Newsletter ThePeriod

Shata Diallo

Consulente

Laura Pieralisi

Managing Partner

Corrado Bottio

Consulente

Elisa Rando

Principal

Nata da un’idea di Corinna De Cesare, thePeriod è una newsletter settimanale che offre informazione da un punto di vista femminista e, in ogni numero, conta due o tre contributi scritti da alcune delle firme più stimolanti della letteratura, del giornalismo e dei social.

Il progetto editoriale si è poi esteso fino a diventare una vera e propria community con corsi, bookclub, incontri, produzione di contenuti, eventi digitali e in presenza.

Oggi intervistiamo la fondatrice.

Hai deciso di lasciare il Corriere della Sera per un tuo progetto media, thePeriod. Cosa ti ha spinto a fare questo passo?

La voglia di cambiare le cose. Come dice Audre Lorde, “gli strumenti del padrone non smantelleranno mai la casa del padrone”, e quindi l’unico modo per cambiare l’informazione era riappropriarsi degli spazi, in questo caso giornalistici, cercando di fondarne di nuovi.

thePeriod è una newsletter che con il tempo si è trasformata in un progetto media a tutto tondo, che vuole offrire un’informazione da un punto di vista femminista. I media generalisti sono governati molto spesso da uomini e altrettanto spesso, quando nei ruoli apicali ci sono donne, purtroppo esercitano il potere ancora alla maniera maschile. “Bisogna aprire nuovi spazi”, dice Bell Hooks. Ed è quello che ho fatto creando questa newsletter, che poi è diventata un progetto editoriale a tutti gli effetti.

Oggi è una community seguita da circa 13.000 iscritti, che aspettano la nostra newsletter del venerdì per capire, informarsi, approfondire alcune notizie con un punto di vista completamente diverso rispetto ai media mainstream.


Qual era la tua ambizione quando hai deciso di intraprendere questo percorso
?

Non avevo altro obiettivo se non quello di scrivere ciò che non trovava spazio sui media generalisti. Appena il 21% degli articoli è scritto da una donna, e questo significa che lo sguardo maschile domina su tutto, anche sulla selezione delle notizie che leggiamo online o ascoltiamo in radio e in tv.

Quando ho fondato thePeriod, volevo solo scrivere, allargare lo sguardo, dire: “Ehi, siamo la metà della popolazione e il nostro sguardo sul mondo è diverso dal tuo”. Non avevo in mente un progetto così grande e non avrei mai immaginato che mi avrebbe portato, qualche anno dopo, a licenziarmi. È successo tutto molto velocemente, e complice anche la pandemia è aumentata la mia consapevolezza su alcuni temi, la mia autonomia e la mia voglia di cambiare le cose.

Il tuo bilancio, a questo punto, dopo i primi due anni?

Sono molto contenta, thePeriod è l’unica newsletter in Italia con un tasso di conversione in abbonati paganti che supera il 2%. Sui social, attraverso il nostro profilo Instagram, raggiungiamo ogni settimana con i nostri contenuti oltre 250k persone. Con un po’ di sana modestia posso dire che stiamo facendo un buon lavoro e che abbiamo il sostegno delle lettrici. Questo mi rende felicissima.

Come mai il nome thePeriod per la newsletter?


L’idea mi è venuta dopo aver visto un documentario, “Period, end of silence”, che tra l’altro ha vinto pure l’Oscar. Racconta il tabù delle mestruazioni in India. “Period” significa mestruazioni ma anche punto e a capo. Il mio progetto voleva rompere i tabù (e quale tabù più grande del ciclo mestruale?) e voleva essere un punto e a capo nel modo di fare informazione in Italia. Ho pensato che il nome fosse perfetto, ho comprato il dominio, registrato il nome e poi sono partita.

Ci racconti il percorso professionale che ti ha portata a occuparti di femminismo?


I temi di cui mi occupo hanno sempre fatto parte, in un modo o nell’altro, del mio percorso personale sin dai tempi dell’università. La prima tesi di laurea triennale è stata sul caso Ilaria Alpi, mentre la tesi specialistica fu proprio sul tema “donne, media e potere”: avevo iniziato a frequentare le redazioni dei giornali e mi ero resa conto che, pur essendosi estremamente femminilizzata, la professione giornalistica continuava a essere dominata dagli uomini. Poi, per lavoro, ho iniziato a occuparmi di economia, gender pay gap e questioni femminili.

Quando sono diventata mamma, ho toccato con mano tutte le discriminazioni e le narrazioni sbagliate veicolate dai media sulla maternità e sulle donne in generale: il sessismo, il modo sbagliato di raccontare la violenza sulle donne, il clickbaiting sui femminicidi.

L’insofferenza verso il sistema media tradizionale è diventata molto forte perché percepivo in modo frustrante l’incapacità di cambiare le cose dall’interno. Non appartenendo a una famiglia di giornalisti, avevo faticato tanto per entrare in quel mondo, un tempo elitario. E una volta che ce l’avevo fatta, mi sono resa conto dei tantissimi limiti e delle difficoltà che non riuscivo a superare con la mia esperienza e la mia professione.

Tutte queste frustrazioni sono confluite nella mia voglia di conoscere, leggere e approfondire. Ho scoperto testi meravigliosi che mi hanno salvato la vita, come quelli di Simone de Beauvoir, Bell Hooks e tante altre autrici che hanno contribuito alla mia crescita professionale e culturale.

A un certo punto, non potevo più restare a guardare e ho rinunciato a una parte dei miei privilegi per cercare di fare le cose a modo mio. Continuo a scrivere, attraverso thePeriod, di fatti, news, attualità e questioni economiche, ma la differenza è che lo faccio, insieme a tante altre autrici, con lenti femministe.

Siamo convinti che nei prossimi anni questa sensibilità coinvolgerà molte altre aziende, dalle più piccole alle più grandi.

Su quali aspetti pensi che il giornalismo italiano sia ancora indietro?

In qualche modo, c’è una sorta di resistenza all’innovazione, ma soprattutto all’ascolto dei lettori e delle lettrici. Non c’è dialogo, le critiche non diventano funzionali al miglioramento. In più, il sistema di rullo continuo di hard news dei siti web ha appiattito l’informazione.

Ci sono sempre gli stessi argomenti, le stesse polemiche, le stesse notizie su tutti i siti. E questo porta alla news avoidance, i lettori e le lettrici scappano dalle notizie. Sono stanchi di leggere sempre le stesse cose.

Un altro limite evidente dei grandi gruppi media è l’incapacità di creare un ricambio generazionale. Ci sono in prima pagina ancora le grandi firme del passato, ma se pensiamo alle nuove generazioni fatichiamo a individuare penne nuove.

Escludere i giovani significa non portare sui giornali le istanze delle nuove generazioni, basti pensare al climate change, ignorato come tema fino a qualche anno fa da tutta la stampa o persino ridicolizzato. C’è molto paternalismo, sui media, questo sì.

Quale consiglio daresti a chi in azienda si occupa di tematiche di inclusione?


Leggere. Leggere tantissimo. Ad esempio, bell hooks, autrice del libro “Il femminismo è per tutti”. È un testo breve che racconta tutto quello che c’è da dire in tema di diritti, assi di oppressione e femminismo intersezionale.

Bisogna poi avere curiosità, soprattutto se ci si sta ancora formando. Non dare niente per scontato. Tante cose devono essere spiegate, e spiegate bene, per arrivare a tutti.

Ci sono un sacco di autrici che parlano, scrivono e divulgano questi temi in maniera molto chiara e semplice.

E un consiglio per le giovani donne?


Mai smettere di lottare per i nostri diritti. Probabilmente spesso ci troveremo a fare i conti con la frustrazione, con la sensazione di non essere capite, o di vivere in un ambiente (penso a quello professionale) in cui ci sentiremo fuori dal coro.

Solidarizzate con altre donne, praticate la sorellanza, parlatene con altre donne perché spesso, sono proprio le altre donne a salvarci.


Grazie a Corinna De Cesare, fondatrice di thePeriod!